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Da rifiuto tossico a risorsa nutraceutica

Le acque di scarto dei frantoi oleari, considerate fino a poco tempo fa un rifiuto, sono state riqualificate a risorsa, grazie ad alcuni progetti volti all’estrazione dei polifenoli.
Sul territorio nazionale italiano si annoverano circa 6.000 frantoi oleari, per una produzione media annuale in olio extra vergine di oliva di 920.000 tonnellate. Secondo i dati Istat si può perciò stimare che la quantità di acque di vegetazione (AV) da smaltire provenienti dal processo produttivo sia 9 milioni di tonnellate ogni anno. Un carico inquinante che si può paragonare a quello prodotto da 25 milioni di persone, se non gestito correttamente. Si stima che 1 m3 di AV sia equivalente a 200 m3 di acque reflue urbane. Attualmente ci sono vari metodi per trattare questi residui di lavorazione:

  1. depurazione attraverso:
  • diversi tipi di trattamenti chimici,
  • diversi tipi di trattamenti fisici,
  • diversi tipi di trattamenti biologici,
  • compostaggio;
  1. recupero come risorsa:
  • uso irriguo,
  • estrazione di sostanze ad alto valore aggiunto,
  • produzione di ammendanti;
  1. trattamenti non convenzionali:
  • elettrossidazione,
  • trattamento fotocatalitico.

Quasi tutti questi metodi hanno un costo molto esoso, pertanto soltanto le grandi aziende hanno accesso ai trattamenti speciali. Mentre le piccole-medie imprese con disponibilità di terreni agricoli (probabilmente gli stessi destinati alla produzione) sono solite utilizzare la tecnica dello spargimento al suolo, una tecnica la cui sostenibilità ambientale è piuttosto incerta. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con un decreto del 6 luglio 2005 stabilisce le modalità di smaltimento dei reflui oleari, imponendo un limite allo spargimento di 50 m3 (impianti tradizionali) e di 80 m3 (impianti a ciclo continuo) per ettaro all’anno.

Perché questo limite?

Nonostante si possa immaginare le “acque di vegetazione” delle olive come qualcosa di naturale, in quanto effettivamente l’uomo non vi addiziona nulla durante il processo, in realtà hanno una composizione chimica eccessivamente “carica”. Infatti è stato evidenziato che l’utilizzo in campo provoca due effetti contrapposti tra loro sul suolo: da un lato nell’immediato si assiste ad un’elevata capacità erbicida e alla potenziale contaminazione delle falde acquifere; dall’altro lato si osserva dopo qualche mese un effetto fertilizzante dovuto all’elevato contenuto in sostanza organica. Infatti le acque di vegetazione hanno un pH acido (4,0-6,7) e contengono zuccheri (20-30 g/L), pectine, grassi (5-10 g/L), sostanze azotate, polialcoli, poliacidi, fosforo, potassio, magnesio e tantissimi polifenoli (fino a 12 g/L) ad alto valore antiossidante, come idrossitirosolo e oleuropeina. Durante il processo di estrazione in frantoio nell’olio extravergine di oliva rimane solo una piccola quantità (2,5 %) dei polifenoli presenti nelle olive, mentre circa il 49% a causa della loro natura idrofilica viene trattenuto nelle AV. Dunque tutti i processi che considerano le AV come uno scarto della lavorazione, non solo sono particolarmente difficoltosi e costosi, ma determinano anche una perdita di sostanze nutritive molto utili.

Recuperare i polifenoli: gli scarti da rifiuto diventano risorsa

Esistono da pochi anni tecnologie improntate a rimettere nel ciclo produttivo le sostanze di scarto, ricavando prodotti di interesse commerciale e contemporaneamente eliminando il carico inquinante. L’obiettivo perseguito è adesso il frazionamento e recupero delle specie nobili di particolare interesse salutistico e commerciale contenute in esse, come i polifenoli. L’ENEA ad esempio ha brevettato un impianto di filtrazione con membrane di facile attuazione con un costo abbastanza contenuto. Le AV, al contrario dell’approccio tradizionale, possono adesso diventare un fonte di reddito per il frantoiano.

Gli aspetti sostenibili di questo processo sono:

  1. l’assenza di solventi
  2. la produzione di energia verde
  3. la produzione di acqua pura
  4. la coerenza con i disciplinari eventuali del Biologico, IGP, DOC

Il sistema mette in serie tre membrane diverse in sequenza, dopo aver effettuato una pre-filtrazione  e una pre-chiarificazione: ultrafiltrazione (UF), nanofiltrazione (NF) e osmosi inversa (OI). Dall’analisi dei campioni ottenuti in tre anni di sperimentazione si nota che l’idrossitirosolo è il composto fenolico più abbondante in tutti i casi. La sua concentrazione aumenta passando dai retentati di ultrafiltrazione a quelli di nanofiltrazione e raggiunge i valori massimi nei retentati di osmosi inversa. I campioni sono inoltre caratterizzati da bassi livelli di grassi, di proteine e di sodio e alto contenuto di potassio. Con queste caratteristiche possono essere considerati ingredienti per la formulazione di integratori alimentari per sportivi, che generalmente necessitano di antiossidanti e potassio.

La tabella sotto mostra il potere antiossidante dell’idrossitirosolo.

Fonti:

  1. Cecchi, Migliorini, Cherubini, Innocenti, Mulinacci. Whole lyophilized olive as sources of unexpectedly high amounts of secoiridoids: the case of three Tuscan cultivars. JAFC. 2015, 63, 1175-1185
    Cecchi, Migliorini, Zanoni, Breschi, Mulinacci. An effective HPLC-based approach for the evaluation of the content of total phenolic compounds transferred from olives to virgin olive oil during the olive milling process”. JSFA. 2018. DOI, 10.1002/jsfa.8841
  2. Bellumori, Cecchi, Romani, Mulinacci, Innocenti. Recovery and stability over time of phenolic fractions by an industrial filtration system of olive mill wastewaters: a three-year study. JSFA. 2018. doi: 10.1002/jsfa.8772.
  3. Incelli, Cordiner, Tosti, Borgognoni, Sansovini, Santucci. TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE DI OLEIFICI: TECNOLOGIE A MEMBRANA E PROCESSI TERMOCHIMICI. DOI: https://dx.medra.org/10.17374/CI.2016.3.4.1

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